L'hobby più gettonato della
sezione G (1996/2001) era riportare nero su bianco gli strafalcioni dei
professori. A pari punti con il passatempo degli sfottò indirizzati al “Forrest
Gump” del disegno: A. A., un tempo temuto e rispettato dai suoi alunni e di colpo
diventato il compagno di banco "ideale". Quello da prendere in giro,
senza tregua.
Dopo anni di tirannia, la sua eccessiva severità
venne messa al tappeto da un gruppo di angeli vendicatori che in principio si
accanirono sull'auto del bersaglio, per poi dare libero sfogo all'indole collettiva
da Karate Kid. Un riprovevole episodio di violenza, che consegnò ai posteri un
personaggio di grande spessore ludico-didattico.
In sua presenza, l’ora di disegno
coincideva con il cazzeggio, con la ricreazione prolungata, con le interviste a
sfondo sessuale (n.b. lo studente interroga il docente, "estorcendo"
confessioni sulla propria vita privata). In quarto superiore il preside decise
di punirci, privandoci dell'ora d'aria. Il nostro idolo fu sostituito con un
vero insegnante di disegno tecnico e storia dell'arte, munito di squadre e
fogli acetati. Sprofondammo nell'abisso del 41 bis. L'anno successivo, per
intercessione divina, ci concessero la grazia. A.A. tornò tra le nostre
braccia, e fu di nuovo festa.
I perpetrati oltraggi alla
cultura, seviziata da docenti di filosofia, matematica e biologia, andarono a
comporre il corposo manoscritto: “Orrori in cattedra”. Inedito, ma sacro come
la Bibbia.
Nella top ten comparivano le
perle di saggezza di una delle più grandi filosofe contemporanee, il cui albero
genealogico sembrerebbe essere apparentato con alcuni discendenti illegittimi
di Aristotele, approdati in Magna Grecia intorno al 760 d.C. Le
dava gran filo da torcere la prof. di matematica, particolarmente apprezzata
per le sue abilità cognitive e per il “minuscolo” neo incastonato sul mento, autentico capolavoro
della natura dipinto in sopra rilievo.
Le due candidate al primo premio lottarono
stoicamente. “Come osi sfidarmi?” ruggì la peripatetica* (disambiguazione: il termine è usato in riferimento ai membri di una
delle più grandi scuole filosofiche greche; da non confondere con l’aggettivo
dispregiativo che indica le prostitute di strada) puntando il dito contro
il genio della matematica, ingaggiato dal Provveditorato agli studi per prepararci agli
esami di maturità.
“Professoressa, mi scusi, come
posso risolvere l’ultimo passaggio di questo problema?” le domandai sottovoce durante
la seconda prova d’esame. I pizzini
infilati nella cartucciera erano serviti a ben poco, e in preda alla
disperazione mi rivolsi a lei, nell’estremo tentativo di salvarmi da quella giungla
di numeri.
“C’è un teorema che potrebbe
aiutarti, ma consulta il manabile…non lo ricordo alla perfezione” mi rispose con
un sorriso intontito, pronunciando testuali parole in dialetto salentino.
Perché? Perché l’ ho fatto? Perché ho scelto il liceo
scientifico? Me lo chiesi fino all’ultimo giorno di scuola. Odiavo la
matematica, la fisica, corredo di cifre e segni incomprensibili agli occhi di
un qualsiasi essere umano affascinato dalle parole, dalla letteratura e dal
latino. Lingua morta, ma senz’altro materia meno ostile.
Lo feci per non abbandonare un
paio di compagne delle medie, un po’ per moda, mai per convinzione. Mi trovai
in un covo di matematici in erba, la metà dei quali oggi esercita la professione di ingegnere o medico. Ecco, appunto. Io sono una scribacchina ed era facile intuire sin dalle
elementari che non avrei seguito le orme della Montalcini.
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