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mercoledì 28 maggio 2014

IL LICEO (SCIENTIFICO) E' PER SEMPRE

L'hobby più gettonato della sezione G (1996/2001) era riportare nero su bianco gli strafalcioni dei professori. A pari punti con il passatempo degli sfottò indirizzati al “Forrest Gump” del disegno: A. A., un tempo temuto e rispettato dai suoi alunni e di colpo diventato il compagno di banco "ideale". Quello da prendere in giro, senza tregua.
Dopo anni di tirannia, la sua eccessiva severità venne messa al tappeto da un gruppo di angeli vendicatori che in principio si accanirono sull'auto del bersaglio, per poi dare libero sfogo all'indole collettiva da Karate Kid. Un riprovevole episodio di violenza, che consegnò ai posteri un personaggio di grande spessore ludico-didattico.
In sua presenza, l’ora di disegno coincideva con il cazzeggio, con la ricreazione prolungata, con le interviste a sfondo sessuale (n.b. lo studente interroga il docente, "estorcendo" confessioni sulla propria vita privata). In quarto superiore il preside decise di punirci, privandoci dell'ora d'aria. Il nostro idolo fu sostituito con un vero insegnante di disegno tecnico e storia dell'arte, munito di squadre e fogli acetati. Sprofondammo nell'abisso del 41 bis. L'anno successivo, per intercessione divina, ci concessero la grazia. A.A. tornò tra le nostre braccia, e fu di nuovo festa.

I perpetrati oltraggi alla cultura, seviziata da docenti di filosofia, matematica e biologia, andarono a comporre il corposo manoscritto: “Orrori in cattedra”. Inedito, ma sacro come la Bibbia.
Nella top ten comparivano le perle di saggezza di una delle più grandi filosofe contemporanee, il cui albero genealogico sembrerebbe essere apparentato con alcuni discendenti illegittimi di Aristotele, approdati in Magna Grecia intorno al 760 d.C. Le dava gran filo da torcere la prof. di matematica, particolarmente apprezzata per le sue abilità cognitive e per il “minuscolo” neo  incastonato sul mento, autentico capolavoro della natura dipinto in sopra rilievo.

Le due candidate al primo premio lottarono stoicamente. “Come osi sfidarmi?” ruggì la peripatetica* (disambiguazione: il termine è usato in riferimento ai membri di una delle più grandi scuole filosofiche greche; da non confondere con l’aggettivo dispregiativo che indica le prostitute di strada) puntando il dito contro il genio della matematica, ingaggiato dal Provveditorato agli studi per prepararci agli esami di maturità.

“Professoressa, mi scusi, come posso risolvere l’ultimo passaggio di questo problema?” le domandai sottovoce durante la seconda prova d’esame.  I pizzini infilati nella cartucciera erano serviti a ben poco, e in preda alla disperazione mi rivolsi a lei, nell’estremo tentativo di salvarmi da quella giungla di numeri.
“C’è un teorema che potrebbe aiutarti, ma consulta il manabile…non lo ricordo alla perfezione” mi rispose con un sorriso intontito, pronunciando testuali parole in dialetto salentino.

Perché? Perché  l’ ho fatto? Perché ho scelto il liceo scientifico? Me lo chiesi fino all’ultimo giorno di scuola. Odiavo la matematica, la fisica, corredo di cifre e segni incomprensibili agli occhi di un qualsiasi essere umano affascinato dalle parole, dalla letteratura e dal latino. Lingua morta, ma senz’altro materia meno ostile.


Lo feci per non abbandonare un paio di compagne delle medie, un po’ per moda, mai per convinzione. Mi trovai in un covo di matematici in erba, la metà dei quali oggi esercita la professione di ingegnere o medico. Ecco, appunto. Io sono una scribacchina ed era facile intuire sin dalle elementari che non avrei seguito le orme della Montalcini. 

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