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lunedì 19 maggio 2014

IL DIRETTORE DEL CIRCO MEDIATICO

Il direttore aveva un aspetto insignificante. Uomo minuto, dallo sguardo strizzato, pochi capelli in testa e un’apparente arroganza che usava come scudo contro il mondo intero. La vita lo aveva messo con le spalle al muro, per questo la sua missione era la vendetta. Con le parole o con i fatti, anche se i suoi risultati non sarebbero mai stati degni di nota. Leo riusciva a mala pena a farsi rispettare dal resto della redazione e veniva bollato come un imbecille senza spina dorsale dal grande Capo. Il Presidente in persona: B.B., temuto e riverito.
Mi fece accomodare su una poltroncina nera, nella quale sprofondai goffamente, fasciata in un tailleur gessato, acquistato per la laurea in Scienze della Comunicazione (che errore! la facoltà e pure la scelta del tailleur). Consegnai nelle sue mani il curriculum, ricevendo in cambio un sorriso sarcastico, sottotitolato: “Questa è carta straccia”. Timidamente iniziai a raccontare le mie aspirazioni e la mia passione per la scrittura, ma dall’alto della sua sgarbata “superiorità” mi interruppe pochi secondi dopo. “Ma che è sta voce?” tuonò l’uomo dall’attitudine di un coleottero, nel suo slang a metà strada tra il salentino e il romanesco. L’aver vissuto alcuni anni nella capitale lo rendeva tronfio, anche quando sciorinava nozioni di dizione, condite da residui di carbonara. “E tu vorresti fare la giornalista televisiva con questa voce?” incalzò senza la minima pietà, sfoderando un ghigno compiaciuto. “Neppure se scrivessi come Dante potresti avere speranza”.
Stop. Addio sogni di gloria! Bruciati in un attimo da uno pseudo-giornalista con il timbro da speaker radiofonico anni ’80. Caldo, ma antiquato. Dall’uomo che, come avrei scoperto nei mesi successivi, aveva l’abitudine di aggirarsi per i corridoi di TeleSette fingendo di parlare al cellulare, nel tentativo di darsi delle arie e risultare credibile agli occhi dei suoi “sudditi” ribelli.

Il lecchinaggio, a dire il vero, era una pratica diffusa tra cameraman e giornalisti esclusivamente al cospetto dell'effettivo detentore dello scettro, l’altissimo e magnificentissimo B.B., Leo, al contrario, era un soggetto da sbeffeggiare vis-à-vis, tra le righe, o nella stanza accanto tra un gossip e l’altro, protetti dalla sinfonia delle tastiere. Quando faceva capolino all’improvviso, col suo passo felpato, da agente 007, il discorso sterzava sul blitz dei Carabinieri o sullo scandalo dell’Onorevole Ics. Lui controllava, aveva la mania di controllare, di sentire tra le sue mani il giocattolo del potere, un potere che nessuno in realtà gli avrebbe mai conferito. Povero diavolo, che pena mi faceva! Ha macinato kilometri nella sede della tivvù, intento a dirigere il nulla, incapace persino di abbozzare una scaletta del notiziario, ma creativo fino al punto da disegnare il logo per la celebre maratona sportiva che ogni anno riuniva il popolo pugliese sotto il vessillo della "Grande Famiglia".

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