L’essenziale è primeggiare. Lasciare il segno, e in fretta.
Con questa convinzione ho visto orde di persone sgomitare, parlare a sproposito
e dispensare falsi sorrisi, pur di raggiungere obiettivi in campo scolastico,
lavorativo, sociale. Qualcuno, machiavellicamente parlando, ci è riuscito.
Chapeau.
Io ho sempre preferito dire la mia in un secondo momento, o
addirittura rimanere in silenzio, sopraffatta dall’eccesso di loquacità dei
miei simili. Circondata da mani alzate, pronte a dare dimostrazione di bravura,
di personalità, di ambizione e intraprendenza.
Tutto e subito. Vogliono tutto e subito, gli umani alla
ribalta, temerari e con le palle quadrate. “Dovresti osare di più, è questo il
tuo problema “ esclamò il Grande Capo con fare arrogante, nel corso di una
riunione che lasciava presagire il culmine della crisi aziendale. La tv era ai
titoli di coda, in pieno ammutinamento. Una defezione dopo l’altra, che però
non avrebbe scalfito l’orgoglio imperiale e imperioso di Sua Maestà, il ‘biscione
salentino’, ideatore e fondatore del movimento “Apulia domus mea non est”.
Qualcuno, tuttavia, apprezzava i miei modi pacati e sobri. Il
Capo no. Lui che senz’altro ignorava la mia predilezione nei confronti della
parola scritta, proprio come quando a scuola storcevo il naso in prossimità
delle interrogazioni (vuoi mettere la serenità di una penna e di un foglio
bianco rispetto alla faccia inquisitoria del prof? ).
Eppure la tv mi affascinava, e fu quella la sfida personale
intrapresa anni prima: placare la timidezza, che per anni mi aveva
rappresentata, mettendola a tacere a favore di un pizzico di sfacciataggine, di
sano egocentrismo.
L’ansia, mia compagna di vita, galoppava senza freni,
impedendo un’emissione vocale naturale. Percepivo, nelle prime dirette, l’influenza
negativa di quella fottutissima paura, che dopo un po’ di tempo ho saputo
convertire in adrenalina. Tra 5 minuti in onda. Tachicardia. Sudorazione.
“Datemi un calmante, vi supplico!”
“Ce l’hai fatta stupida fifona, ce l’hai fatta” pensai
guardandomi allo specchio nei mesi successivi. La scommessa era vinta. Con me stessa. Era la conquista di un
grammo di autostima, di sicurezza, contro quel vuoto che per troppo tempo aveva
causato la vertigine dell’anima. Accadeva già da bambina, da adolescente, lontano
da casa, durante un viaggio, fuori dal mio letto. Quel senso di inquietudine
dettato dalla novità.
Le vertigini vanno e vengono: è importante, però, imparare a
conviverci, come in una danza perenne che è sinonimo di lotta e sudore. L’essenziale non è primeggiare. L’essenziale
consiste nel compiere quei piccoli passi che segnano il nostro cammino.
👏👏👏👏👏
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