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domenica 11 gennaio 2015

IO CANTO

L’essenziale è primeggiare. Lasciare il segno, e in fretta. Con questa convinzione ho visto orde di persone sgomitare, parlare a sproposito e dispensare falsi sorrisi, pur di raggiungere obiettivi in campo scolastico, lavorativo, sociale. Qualcuno, machiavellicamente parlando, ci è riuscito. Chapeau.

Io ho sempre preferito dire la mia in un secondo momento, o addirittura rimanere in silenzio, sopraffatta dall’eccesso di loquacità dei miei simili. Circondata da mani alzate, pronte a dare dimostrazione di bravura, di personalità, di ambizione e intraprendenza.

Tutto e subito. Vogliono tutto e subito, gli umani alla ribalta, temerari e con le palle quadrate. “Dovresti osare di più, è questo il tuo problema “ esclamò il Grande Capo con fare arrogante, nel corso di una riunione che lasciava presagire il culmine della crisi aziendale. La tv era ai titoli di coda, in pieno ammutinamento. Una defezione dopo l’altra, che però non avrebbe scalfito l’orgoglio imperiale e imperioso di Sua Maestà, il ‘biscione salentino’, ideatore e fondatore del movimento “Apulia domus mea non est”.

Qualcuno, tuttavia, apprezzava i miei modi pacati e sobri. Il Capo no. Lui che senz’altro ignorava la mia predilezione nei confronti della parola scritta, proprio come quando a scuola storcevo il naso in prossimità delle interrogazioni (vuoi mettere la serenità di una penna e di un foglio bianco rispetto alla faccia inquisitoria del prof? ).

Eppure la tv mi affascinava, e fu quella la sfida personale intrapresa anni prima: placare la timidezza, che per anni mi aveva rappresentata, mettendola a tacere a favore di un pizzico di sfacciataggine, di sano egocentrismo. 
L’ansia, mia compagna di vita, galoppava senza freni, impedendo un’emissione vocale naturale. Percepivo, nelle prime dirette, l’influenza negativa di quella fottutissima paura, che dopo un po’ di tempo ho saputo convertire in adrenalina. Tra 5 minuti in onda. Tachicardia. Sudorazione. “Datemi un calmante, vi supplico!”

“Ce l’hai fatta stupida fifona, ce l’hai fatta” pensai guardandomi allo specchio nei mesi successivi. La scommessa era  vinta. Con me stessa. Era la conquista di un grammo di autostima, di sicurezza, contro quel vuoto che per troppo tempo aveva causato la vertigine dell’anima. Accadeva già da bambina, da adolescente, lontano da casa, durante un viaggio, fuori dal mio letto. Quel senso di inquietudine dettato dalla novità.


Le vertigini vanno e vengono: è importante, però, imparare a conviverci, come in una danza perenne che è sinonimo di lotta e sudore.  L’essenziale non è primeggiare. L’essenziale consiste nel compiere quei piccoli passi che segnano il nostro cammino.

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