«Libera, finalmente libera». Emma
aveva trascorso dieci lunghissimi anni tra le mura di Canale Lombardia,
combattendo contro i mulini a vento: un direttore spocchioso, un paio di
colleghi senza scrupoli, un numero imprecisato di straordinari non pagati,
omicidi da documentare agli orari più improbabili. Tutto scorreva in un caos
collaudato e abitudinario, mentre la sua vita andava in frantumi. Relazioni
sociali azzerate, a pranzo un panino e, nottetempo, qualche briciola di riposo.
Una mattina d’estate,
l’illuminazione. Lo scatto d’orgoglio e coraggio. «E’ ora di cambiare
direzione» ordinò alla sua immagine riflessa nello specchio. Picchiettò sulla
tastiera del computer, digitando la formula magica. Infilò un tubino colorato e
scese di corsa per le scale. Salì in metro per raggiungere Piazza Duomo,
sfoggiando un sorriso serafico. L’ufficio postale era poco distante.
«Devo inviare una raccomandata
veloce» comunicò con voce decisa allo sportellista.
«E’ per un provino televisivo?»
chiese l’impiegato, incuriosito dal destinatario.
«No, mi dimetto!» replicò Emma.
«Evidentemente ha molta fretta,
la raccomandata veloce le costerà quasi 10 euro» commentò l’omino delle poste.
«Proprio così, è un gesto
liberatorio, sarei disposta a pagare tutto l’oro del mondo» chiosò, tirando
fuori la banconota.
«In bocca al lupo, signorina».
Emma lasciò l’ufficio postale e a passo spedito si fece largo tra i pochi
sfortunati rimasti in città, mentre il caldo milanese diventava sempre più
asfissiante.
L’orologio segnava le 10 del
primo luglio. Luca attendeva impaziente l’arrivo della collega sbirciando dalla
finestra di Corso Buenos Aires. D’un tratto vide sbucare l’agognata sagoma,
ignaro della sua decisione.
«Sono esausta, Luca, lascio la
redazione. Torno a Lecce».
Il navigato giornalista dall’accento
bolognese, che per le vie di Milano aveva rincorso impavidamente politici di
ogni specie, impallidì, accasciandosi sulla sedia.
«Non è possibile» biascicò
tramortito. «Come farò a portare avanti la baracca da solo? Tra una settimana
ho l’aereo per Cuba, come farò, come farò?». Non ci fu alcuna risposta.
Luca ed Emma erano gli ultimi
sopravvissuti della redazione milanese, assieme al regista/cameraman/montatore
italo-americano, Johnny, uno e trino.
L’estate del 2012 aveva innescato
una diaspora tra i cronisti di Corso Buenos Aires. In tre avevano abbandonato
la nave, salpando per nuove avventure editoriali. Era solo l’inizio di una
lunga stagione di dimissioni a cascata. Un effetto domino senza precedenti. La
libertà è contagiosa, come la voglia di ricominciare, di tornare ad essere
padroni della propria vita. Dopo il forfait di Emma, nelle settimane successive
giunse la notizia di nuove dimissioni dalle sedi periferiche di Como e Pavia.
La giornalista salentina era
tornata nella sua terra e in pochi giorni aveva recuperato la serenità persa
nei meandri della Padania. Il sole e l’odore del mare l’avevano ritemprata
nell’animo, dandole l’opportunità di ricominciare. Johnny la contattava con una
certa frequenza, lamentandosi della solita
vita del cazzo che era costretto a subire alle dipendenze del Capo.
«Vattene Johnny, cosa aspetti? »
«Al momento non ho alternative,
però credo di essere agli sgoccioli»
«Forza amico, bastano pochi
grammi di coraggio!»
Bussò alla porta un altro
inverno. Milano era imbiancata dalla neve, il Salento vessato da incessanti
piogge.
Emma riusciva a sbarcare il
lunario grazie ad alcune collaborazioni giornalistiche e con un part-time da
addetto stampa. Nel tempo libero leggeva, scriveva e si dedicava all’equilibrio
del corpo e della mente.
In primavera la natura si
rigenera, per poi raggiungere l’apice nel corso dell’estate. Johnny lo
aveva capito. Finalmente. Era giunto il momento di cambiare pelle.
«Emma, sono pronto…mi dimetto» annunciò
il cameraman/regista/montatore.
«Buona vita amico, stai facendo
la cosa giusta».
“L’informazione non è un hobby”,
recitava uno slogan qualche tempo fa. E non c’è crisi che tenga. Il rispetto
dei lavoratori è la prima regola. Gli "schiavi", nell’ambito del giornalismo e di
qualunque settore professionale, non fanno che alimentare le ambizioni dei
padroni.
Emma e Johnny hanno scelto di essere liberi.