“Signore e signori, The Solar System.” Applausi. Clap, clap, clap. Dal pulpito dei
comizi adattato a palcoscenico, il gruppo vocale nato tra i banchi di scuola
(diretto dal maestro con la passione per le chitarre e l’astronomia) si esibì
in un playback memorabile, dal quale presi le distanze a pochi giorni dalla
performance ai piedi di Largo Margherita. Il brano, di cui conservo
gelosamente il testo, era un inno alla resistenza giovanile, uno sprone alla
generazione X, “figlia di Tangentopoli e nipote della Prima Repubblica”.
Titolo della hit: “Don’t let down”, incisa in italiano e in
inglese, tra le mura insonorizzate di un vero studio di registrazione,
arroccato nel Capo di Leuca. Lasciai agli altri membri del gruppo, ovvero ai
miei compagni di classe (mediamente intonati/stonati), l’onere del debutto in
piazza. La vergogna impedì il decollo della mia carriera canterina, che finì
per naufragare nei karaoke tra amici o, peggio ancora, nel salotto di casa sulle
basi del “Canta tu”.
Il maestro notò casualmente la mia “propensione canora”,
durante il classico precetto pasquale che da copione prevedeva l’esecuzione di
“Imagine” e “Another brick in the wall”, con una pronuncia corale da brividi.
Sia chiaro, se avessi avuto un talento reale, mi sarei iscritta a una scuola di
canto. Ero sì più intonata dei miei coetanei, ma mai avrei eguagliato gli acuti
di Giorgia. Per fortuna, dirà qualcuno.
In quegli anni sperimentai pure l’ebbrezza di agitare pon
pon da majorette, al fianco di alcune inossidabili amiche di infanzia. Divisa verde,
per volere della Pro Loco, e tutte in marcia verso l’ignoto, al ritmo di
motivetti a stelle e strisce. L’adolescenza è una brutta bestia. Toglie il
senno, oltre alla bellezza.
Ci avevo già provato da bambina, a incrociare qualche passo
di danza, quando partecipai alla quadriglia dei primissimi anni '90, che colorò
le strade del paese in occasione del Carnevale. Divertente, ma… voglio essere
sincera: l’attività motoria, dall’arte coreutica allo sport, non ha mai costituito il
mio punto di forza. L’unica materia in cui abbia preso un voto inferiore al 7
(oltre alla matematica), è sempre stata l’educazione fisica. Odiavo
quell’inutile lezione che mi costringeva ad indossare tuta e scarpe da
ginnastica. Schiappa a pallavolo, schiappa nel salto in alto. Una tortura
psico-fisica. Con una sola eccezione. La corsa ad ostacoli.
Ehm, a che ora suona la campanella?