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martedì 1 luglio 2014

DIMISSIONI CONTAGIOSE


«Libera, finalmente libera». Emma aveva trascorso dieci lunghissimi anni tra le mura di Canale Lombardia, combattendo contro i mulini a vento: un direttore spocchioso, un paio di colleghi senza scrupoli, un numero imprecisato di straordinari non pagati, omicidi da documentare agli orari più improbabili. Tutto scorreva in un caos collaudato e abitudinario, mentre la sua vita andava in frantumi. Relazioni sociali azzerate, a pranzo un panino e, nottetempo, qualche briciola di riposo.
Una mattina d’estate, l’illuminazione. Lo scatto d’orgoglio e coraggio. «E’ ora di cambiare direzione» ordinò alla sua immagine riflessa nello specchio. Picchiettò sulla tastiera del computer, digitando la formula magica. Infilò un tubino colorato e scese di corsa per le scale. Salì in metro per raggiungere Piazza Duomo, sfoggiando un sorriso serafico. L’ufficio postale era poco distante.
«Devo inviare una raccomandata veloce» comunicò con voce decisa allo sportellista.
«E’ per un provino televisivo?» chiese l’impiegato, incuriosito dal destinatario.
«No, mi dimetto!» replicò Emma.
«Evidentemente ha molta fretta, la raccomandata veloce le costerà quasi 10 euro» commentò l’omino delle poste.
«Proprio così, è un gesto liberatorio, sarei disposta a pagare tutto l’oro del mondo» chiosò, tirando fuori la banconota.
«In bocca al lupo, signorina». Emma lasciò l’ufficio postale e a passo spedito si fece largo tra i pochi sfortunati rimasti in città, mentre il caldo milanese diventava sempre più asfissiante.
L’orologio segnava le 10 del primo luglio. Luca attendeva impaziente l’arrivo della collega sbirciando dalla finestra di Corso Buenos Aires. D’un tratto vide sbucare l’agognata sagoma, ignaro della sua decisione.
«Sono esausta, Luca, lascio la redazione. Torno a Lecce».
Il navigato giornalista dall’accento bolognese, che per le vie di Milano aveva rincorso impavidamente politici di ogni specie, impallidì, accasciandosi sulla sedia.
«Non è possibile» biascicò tramortito. «Come farò a portare avanti la baracca da solo? Tra una settimana ho l’aereo per Cuba, come farò, come farò?». Non ci fu alcuna risposta.
Luca ed Emma erano gli ultimi sopravvissuti della redazione milanese, assieme al regista/cameraman/montatore italo-americano, Johnny, uno e trino.
L’estate del 2012 aveva innescato una diaspora tra i cronisti di Corso Buenos Aires. In tre avevano abbandonato la nave, salpando per nuove avventure editoriali. Era solo l’inizio di una lunga stagione di dimissioni a cascata. Un effetto domino senza precedenti. La libertà è contagiosa, come la voglia di ricominciare, di tornare ad essere padroni della propria vita. Dopo il forfait di Emma, nelle settimane successive giunse la notizia di nuove dimissioni dalle sedi periferiche di Como e Pavia.

La giornalista salentina era tornata nella sua terra e in pochi giorni aveva recuperato la serenità persa nei meandri della Padania. Il sole e l’odore del mare l’avevano ritemprata nell’animo, dandole l’opportunità di ricominciare. Johnny la contattava con una certa frequenza, lamentandosi della solita vita del cazzo che era costretto a subire alle dipendenze del Capo.
«Vattene Johnny, cosa aspetti? »
«Al momento non ho alternative, però credo di essere agli sgoccioli»
«Forza amico, bastano pochi grammi di coraggio!»

Bussò alla porta un altro inverno. Milano era imbiancata dalla neve, il Salento vessato da incessanti piogge.
Emma riusciva a sbarcare il lunario grazie ad alcune collaborazioni giornalistiche e con un part-time da addetto stampa. Nel tempo libero leggeva, scriveva e si dedicava all’equilibrio del corpo e della mente.
In primavera la natura si rigenera, per poi raggiungere l’apice nel corso dell’estate. Johnny lo aveva capito. Finalmente. Era giunto il momento di cambiare pelle.
«Emma, sono pronto…mi dimetto» annunciò il cameraman/regista/montatore.
«Buona vita amico, stai facendo la cosa giusta».


“L’informazione non è un hobby”, recitava uno slogan qualche tempo fa. E non c’è crisi che tenga. Il rispetto dei lavoratori è la prima regola. Gli "schiavi", nell’ambito del giornalismo e di qualunque settore professionale, non fanno che alimentare le ambizioni dei padroni. 
Emma e Johnny hanno scelto di essere liberi.